La decisione della Consulta è stata salutata dagli antinuclearisti come una vittoria ma, riflettendoci un po’, tutto questo entusiasmo andrebbe ridimensionato. Primo: la sentenza parla di un parere delle Regioni “non vincolante”, quindi non in grado di incidere su future deliberazioni. La Corte ha poi respinto 26 rilievi su 27 e non è poco. Senza dimenticare che già a novembre aveva dichiarato illegittime le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato di collocare nel loro territorio reattori e siti di stoccaggio di scorie radioattive. Secondo:nonostante ci sia chi spera in un rallentamento del programma italiano, le notizie delle ultime settimane parlano di importanti passi in avanti sul fronte nucleare. Entro marzo dovrebbero essere pronti il regolamento dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e quello sulla strategia nucleare nazionale. Ne hanno discusso in questi giorni i ministri Romani e Prestigiacomo, il sottosegretario Saglia, il presidente Umberto Veronesi e i commissari. Anche sul fronte scorie ci sarebbero delle novità: il Governo è intenzionato a dare vita a una specie di asta sui siti prescelti per il deposito dei rifiuti nucleari, dal momento che più aree avrebbero mostrato interesse. Nonostante parecchie Regioni dicano “no” al nucleare, non è detto, quindi, che ci possa essere un’inversione di rotta, considerando anche gli incentivi destinati alle zone che ospiteranno reattori e depositi. Un cambiamento è auspicabile, se non altro perché il nucleare è ormai sempre più necessario. Proprio ieri il WWF ha diffuso il suo Energy Report, in cui afferma che entro il 2050 tutto il mondo potrà essere alimentato da energia pulita e rinnovabile, escludendo l’uso del nucleare, fonte “costosa ed eticamente ingiusta”. Sappiamo benissimo che non è così: le energie “alternative” non bastano. Per ridurre i gas serra, bisogna incentivare non solo la produzione da rinnovabili (si parla di un aumento tra il 75 e il 211 per cento per i prossimi 25 anni), ma anche quella nucleare, dall’attuale 52 al 135 per cento. Ad affermarlo è il World Energy Outlook 2010 dell’IEA (International Energy Agency). Si può essere favorevoli o contrari, ma una cosa è certa: il nucleare è tutt’altro che assente dal nostro futuro.
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