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«Troppa emotività sull’atomo. La scienza non cambia idea»

Il professore Marco Ricotti ha sul tavolo i bollettini ufficiali delle centrali nucleari. Fukushima è quella che fa più paura. Quattro reattori su sei sono già esplosi. «La situazione è seria. Bisogna aspettare. Al momento nessuno può dire cosa succederà, sarebbe come prevedere il futuro. E uno scienziato fa un altro mestiere». Lui di mestiere è docente di impianti nucleari al Politecnico di Milano e fa parte dell’Agenzia nucleare italiana, quella che dovrebbe occuparsi dell’energia nucleare da noi. Oggi, dopo la tragedia giapponese, quel discorso ripreso dal governo nel 2008 rischia un’altra volta di arenarsi. Dall’altra parte ci sono i giapponesi. Chi è vivo si è sentito un sopravvissuto, praticamente un miracolato. Ha resistito al terremoto, allo tsunami che ha spazzato via tutto. Ma la maledizione vera è quella invisibile: le radiazioni non le senti e non le vedi, ma te le porti addosso, sui vestiti, sulla pelle. I giapponesi restano in casa, sigillati, con le loro mascherine sul naso, a scrutare il cielo e a sperare che non piova.
Cosa succederà in Giappone?
«L’unica speranza è che il sistema di raffreddamento continui a funzionare. È quella l’unica chance. Se il nocciolo esplode allora sarà davvero un guaio».
Di che proporzione?
«Un disastro vero e proprio. Ma ora si deve fare tutto il possibile per evitare i danni».
Cosa sta facendo il Giappone a questo proposito?
«Sono già state prese tutte le misure di sicurezza previste. La popolazione è stata evacuata. Per evitare rischi bisogna allontanarsi di venti chilometri».
Sì ma allora perché una nave della marina americana ben più distante ha deciso di fuggire?
«Si, ma non confondiamo il panico con le reali conseguenze».
Per quelli contaminati c’è una cura?
«Le persone controllate al momento sono state circa cinquecento. Erano quelle vicine alla zona della centrale di Fukushima. A loro sono state date delle pastiglie ad alta concentrazione di iodio, le “Iodine”. Prese una volta al giorno servono anche a scopo preventivo per proteggersi dal cancro alla tiroide».
Si può parlare di un’altra Chernobyl?
«No. È diverso. In quel caso il recipiente del nocciolo era stato completamente scoperchiato. Per questo le dosi di radiazioni fuoriuscite erano fuori controllo, ma è sicuramente peggiore dell’incidente di Three Mile Island negli Stati Uniti, quando nel 1979 esplose uno dei due reattori».
E oggi qual è il livello di radiazioni?
«Al momento la situazione sembra comunque sotto controllo. Nonostante i vari scoppi, le radiazioni arrivate a Tokyo restano di 0,8micro sivert».
Fino a che punto le radiazioni non costituiscono un problema per l’uomo?
«Diciamo che tra i 100 e 200 millisivert il danno non è permanente. Un ferito da radiazione, con nausea e vomito. Ma curabile».
La pioggia e il vento possono peggiorare la situazione?
«Sì è vero. Diciamo che comunque producono effetti diversi. La pioggia concentra le radiazioni su un’area ristretta. Con il vento invece le radiazioni si diluiscono ma l’area si estende».
Il mondo deve avere paura?
«Al momento no».
In Italia il 12 giugno si vota il referendum per il nucleare. Secondo lei come andrà?
«Questa è una domanda politica. Io faccio un altro mestiere. Dico solo che non dobbiamo confondere. È sbagliato scegliere sull’onda dell’emotività». Cosa risponde a chi ha paura dei rischi?
«Ciò che fa la differenza è la percezione del rischio. Anche andare al lavoro in bicicletta è pericoloso, ma nessuno ci pensa. La nostra cultura ha sempre voluto dare alla parola “nucleare“ un significato spaventoso. La paura non è razionale. E per la scienza non è cambiato nulla». Di Manila Alfano

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